La dieta di un paziente deve tener conto della cronicità del trattamento, delle abitudini alimentari, degli aspetti economici e psicologici di pazienti già sottoposti a terapie stressanti.
Analizzando occorre considerare:
- L’apporto proteico
L’apporto proteico giornaliero considerato è di almeno 1-1.2 g/Kg/die tenendo conto:
1. del fabbisogno medio dell’uomo sano e delle abitudini alimentari della nostra popolazione;
2. della cronicità del trattamento;
3. della presenza quasi costante di un periodo più o meno lungo di dieta ipoproteica precedente l’inizio del trattamento emodialitico o di una spontanea riduzione dell’apporto proteico legato all’anoressia nelle fasi avanzata dell’insufficienza renale stessa;
4. dalla necessità per il soggetto in emodialisi di un bilancio proteico sicuramente positivo (per prevenire anemie, neuropatia, ecc);
5. della perdite in media di 6-10 g di aminoacidi liberi per ogni seduta dialitica;
6. delle anormalità del metabolismo e del trasporto aminoacido attraverso il piccolo intestino;
7. delle frequenti misconosciute perdite intestinali di sangue.
Possono essere, infine, necessarie importanti diversificazioni individuali che tengano conto dello stato nutrizionale iniziale, dell’età biologica, dialitica, dell’attività lavorativa del soggetto e dell’eventuale presenza di una funzione residua (una funzione residua anche modesta, ad esempio, può determinare l’escrezione urinaria di 10-30 mEq di potassio e permette quindi una maggiore liberalizzazione dell’introito alimentare di questo elemento).
- L’apporto calorico
L’apporto calorico giornaliero deve essere adeguato e, a parità di peso ideale, età, sesso e attività lavorativa, deve essere maggiorato per controbilanciare gli “stress” legati alla dialisi stessa.
E’ consigliabile un apporto di almeno 35 Kcal/pro-Kilo/die.
- L’apporto idrico
L’apporto di acqua giornaliero nel paziente in trattamento emodialitico periodico è di grande importanza.
Dal mantenimento e/o contenimento dei volumi circolanti dipendono:
1. controllo della pressione arteriosa;
2. mantenimento dell’apparato cardiorespiratorio in una situazione fisiologicamente accettabile;
3. la tolleranza alla seduta dialitica stessa: se si è costretti a disidratazioni spinte l’apparato cardiocircolatorio è sottoposto a maggiore stress con possibili conseguenze a breve termine (ipotensione, collassi cardiocircolatori fino ad arresti cardiocircolatori da ipovolemia acuta) e a lungo termine (disturbi del ritmo, scompenso cardiaco ecc.).
Se le uscite di acqua nel paziente emodializzato sono limitate a tre volte a settimana per poche ore, occorre imparare a controllare le entrate di liquidi, cosa tutt’altro che semplice.
Per trattamenti standard di sedute trisettimanali di emodialisi viene considerato ottimale un incremento di peso tra una seduta e l’altra di circa un chilogrammo – un chilogrammo e mezzo in un soggetto adulto di taglia media.
- L’apporto di potassio
Le alterazioni del ricambio di potassio sono una causa importante di morte (3,4% delle morti) e di morbidità per i pazienti in emodialisi. E’ da considerare sia il livello della potassiemia di per se che le sue variazioni brusche. Sono noti i disturbi del ritmo (aritmie) dovuti alle variazioni della potassiemia specialmente in pazienti anziani (età anagrafica e/o dialitica), disturbi che richiedono frequentemente ospedalizzazioni e/o trattamenti supplementari. E’ necessario ed indispensabile, quindi, controllare l’apporto di potassio con la dieta prescritta. Il contenuto di potassio nella dieta è stabilito solitamente tra 2000 – 2500 mg al giorno, cercando comunque di limitarne l’introito il più possibile. Ricordare, inoltre, che molti alimenti non considerati tali contengono quantità variabili di potassio ( caffè, cioccolato, vino, ecc.).
- L’apporto sodico
Il soggetto in emodialisi dovrebbe sempre controllare l’introito sodico (NaCl, sale da cucina).
La restrizione del consumo di sale favorisce la riduzione del senso di sete oltre a migliorare il controllo della pressione arteriosa.
L’entità della restrizione di sale è individuale:
circa 2-3 grammi di sale al giorno per i pazienti con ipertensione arteriosa e che hanno la tendenza notevoli incrementi poderali tra una dialisi e l’altra;
circa 4-5 grammi di sale al giorno per i pazienti con pressione arteriosa nella norma e/o che presentano un diuresi residua.
- L’apporto fosforico
Il controllo della fosforemia è di fondamentale importanza per la prevenzione della osteodistrofia uremica. La fosforemia predialitica dovrebbe essere mantenuta a valori inferiori a 5 mg/dl, al di sopra di tali valori aumenta progressivamente il rischio di iperparatiroidismo e di calcificazioni ectopiche. Le calcificazioni ectopiche (tissutali) compaiono quando il prodotto calcio-fosforo supera i 70 mg. Il controllo della fosforemia può essere raggiunto sia riducendo l’introito alimentare sia somministrando chelanti del fosforo a livello intestinale. E’ consigliabile un apporto di fosforo giornaliero non superiore a 800 – 1000 mg al giorno. Occorre tuttavia considerare anche i rischi dell’eventuale ipofosforemia (fosforemia minore di 3 mg/dl), che richiede in genere un trattamento occasionale di tipo dietetico e/o farmacologico.
- L’apporto vitaminico
I pazienti in emodialisi possono incorrere in carenze vitaminiche per motivazioni varie:
1. l’apporto vitaminico delle diete consigliate è di solito sempre inadeguato (ridotto apporto di vegetali, frutta, metodi di cottura particolari);
2. l’assorbimento intestinale può essere ridotto;
3. le vitamine idrosolubili sono perse durante la seduta emodialitico.
E’ chiaro come il trattamento emodialitico sia in grado di garantire una buona condizione clinica e riabilitativa.
Per raggiungere questi obiettivi il trattamento emodialitico deve essere affiancato da un intelligente impiego di farmaci.
Solo se il paziente interagisce positivamente, con il suo medico e con la sua condizione di dializzato, esisteranno i presupposti per assicurare un’alta qualità di vita.
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